«Non
abbiamo il diritto di lasciare che esistano canali di emigrazione illegale
quando sappiamo benissimo come funzionano, tutto questo deve finire» così ha tuonato dal Senegal Monsignor Benjamin
Ndiaye, arcivescovo di Dakar, mentre Monsignor Joseph Bagobiri, suo omologo della
diocesi nigeriana di Kafachan, ha affermato che esiste una speranza di vita
migliore in Nigeria piuttosto che in Europa. Una presa di posizione forte, quest'ultima, se consideriamo che
proprio la Nigeria e il Senegal sono i due Paesi africani da cui sono
partiti il maggior numero di persone che da clandestini sono approdate nelle nostre coste e in Europa.
Tutto questo è troppo,
anche per i vescovi, che invocano la dignità della persona umana e
l’attaccamento alla propria terra «…Meglio
restare poveri nel proprio Paese piuttosto che finire torturati nel tentare
l’avventura dell’emigrazione» e ancora «Cari
ragazzi, tocca a noi costruire il nostro Paese, tocca a noi svilupparlo e
renderlo un luogo in cui è desiderabile e piacevole vivere, nessun straniero lo farà al
posto nostro».
Dai
vescovi africani arriva, quindi, un appello a investire nei propri paesi per creare posti di lavoro e per evitare che i giovani si mettano nelle mani dei
trafficanti di esseri umani privi di scrupoli per tentare la “fortuna” in
Europa. Praticamente è l’esatto contrario di quanto Papa Bergoglio va dicendo in Europa, sintomo che esiste una preoccupante
spaccatura all’interno della chiesa.
Antonio Cacace
Antonio Cacace
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