La crisi di Sigonella. Quando Craxi e l'Italia dissero no agli Usa
Tensione altissima tra i Vam dell'Areonautica, la Delta Force ed i Carabinieri.
Quel "no" gli Usa non lo digerirono mai. Ma quella notte l’Italia ebbe la forza di contrapporsi.
Nell’ottobre di trenasette anni fa, precisamente nei 5 giorni che andarono dal 7 al 12 ottobre del 1985, la base aeronavale militare di Sigonella, in Sicilia, fu il teatro della più grave crisi diplomatica tra Italia e Usa. Il suo esito cambio (o meglio dire "stravolse, anche tragicamente") la storia politica, sociale ed economica dell'Italia e gli equilibri geopolitici di mezzo mondo.
Tutto partì il 7 ottobre del 1985 col dirottamento, nelle acque territoriali egiziane, della nave da crociera “Achille Lauro“, per mano di un commando del Fronte di liberazione della Palestina. I terroristi presero in ostaggio più di 400 passeggeri e l’equipaggio, per chiedere la liberazione di 52 palestinesi detenuti in Israele. Un'azione che ebbe degli esiti imprevisti per il nostro Paese, tanto da arrivare, per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale, alla soglia dello scontro armato tra forze italiane e forze statunitensi; tra i V.A.M. (il Corpo di Vigilanza dell’Aeronautica Militare) e l'Arma dei Carabinieri da una parte e la Delta Force (reparto speciale dell’Esercito degli Stati Uniti) dall’altra. Due forze alleate, con decenni di rapporti stretti e privilegiati, ad un passo dallo scontro a fuoco per la contesa dei terroristi palestinesi che sequestrarono la nave italiana ed uccisero un cittadino americano. Pur tuttavia, nella tragedia di quei giorni, la forte presa di posizione del Governo italiano fece riaccendere, nel popolo, la passione e l'orgoglio nazionale, che ancora oggi riecheggia nelle nostre teste e che ricordiamo e tramandiamo anche a futura memoria.
L'inizio della crisi diplomatica, tra le due potenze mondiali comincia, infatti, con l’ordine di Bettino Craxi di far circondare i soldati americani che a loro volta avevano i fucili puntati alle spalle dei nostri carabinieri. Sia gli americani che gli italiani volevano arrestare i terroristi palestinesi che avevano sequestrato la nave “Achille Lauro“, minacciato i passeggeri e ucciso e buttato in mare uno di loro, l’ebreo americano Leo Klinghoffer, costretto alla sedia a rotelle dalla sua paraplegia. Gli Usa volevano catturarli per l'uccisione del loro connazionale e per affidarli alla giustizia americana, mentre Roma riteneva (giustamente) che spettasse ai Carabinieri prenderli in carico dal momento che il tutto era avvenuto su una nave italiana equiparata dal diritto internazionale al suolo italiano. Craxi aveva capito che non poteva cedere alle pretese americane e che qualsiasi altra decisione avrebbe fatto apparire l'Italia, agli occhi del mondo, una colonia e non un alleato. Ed agì di conseguenza, facendo rispettare la sovranità nazionale ed il diritto internazionale. In pratica Sigonella passerà alla storia per essere stato il primo (ed unico) "no" dato agli Usa e l’ultima volta che riuscimmo a difendere la nostra sovranità. Per molti, però, rappresenterà l'inizio della fine.
I FATTI
Lunedì 7 ottobre 1985. Un commando palestinese sequestra, nelle acque territoriali egiziane, la nave da crociera italiana Achille Lauro, con 545 persone a bordo, e la dirotta verso la Siria.
Martedì 8 ottobre. La Siria non permette alla nave di entrare nelle sue acque territoriali. I terroristi uccidono Leon Klinghoffer, americano di origine ebraica. Le autorità statunitensi ricevono la notizia della morte di un cittadino americano.
Mercoledì 9 ottobre. Con la mediazione dell’Olp, la nave rientra a Porto Said, in Egitto, dove gli ostaggi vengono liberati.
Giovedì 10 Ottobre. Gli Stati Uniti chiedono l’estradizione del commando palestinese al Governo egiziano.
Il Governo italiano tratta con l’Olp la consegna dei quattro dirottatori perché siano giudicati in Italia, considerato che, nel diritto nautico internazionale, una nave è territorio della bandiera che batte.
Il Governo egiziano imbarca su un aereo di bandiera, con l’intenzione di trasportarli in Tunisia, i quattro dirottatori, due negoziatori palestinesi, Abu Abbas e Hani el Hassan, nominati da Arafat, un ambasciatore del governo del Cairo ed alcuni elementi del servizio di sicurezza egiziano.
Il Governo tunisino nega all’aereo il permesso di atterrare.
L’aereo viene intercettato all’altezza del Canale di Sicilia da F-14 americani e dirottato.
Il Governo americano chiede a quello italiano il permesso di farlo atterrare nella base NATO di Sigonella, in provincia di Siracusa. Il presidente del Consiglio, Bettino Craxi, concede l’autorizzazione.
Venerdì 11 Ottobre. Ricostruiamo gli avvenimenti di quelle frenetiche ore dalle pagine del libro “Nome in codice Ulisse” scritto dall’ammiraglio Fulvio Martini, all’epoca dei fatti direttore del Sismi, il nostro servizio segreto militare.
“Alle 23,57 del 10 ottobre squillò improvvisamente il telefono. Dall’altra parte del filo c’è Bettino Craxi” che, a quel tempo siede a Palazzo Chigi. “Mi informò di una telefonata degli Stati Uniti: gli avevano chiesto di dare ordini per autorizzare l’atterraggio sull’aereoporto militare di Sigonella di un aereo egiziano dirottato all’altezza del Canale di Sicilia da F-14 americani”.
A bordo dell’aereo i dirottatori dell’Achille Lauro, negoziatori di Arafat ed elementi dei servizi di sicurezza egiziani con l’ambasciatore.
Martini prova a contattare il ministro della difesa, Giovanni Spadolini e i capi di stato maggiore della difesa e dell’aereonautica, senza successo. Così decide il via libera all’atterraggio. L’aereo atterra a Sigonella alle 00,15 di venerdì 11 ottobre 1985 e viene circondato dai soldati italiani, VAM dell’aereonautica e carabinieri.
Pochi minuti dopo atterrano due aerei C-141 statunitensi e scendono le forze speciali americane della Delta Force. Scendono i militari della Delta Force americana, guidati dal generale Steiner, che si dirigono verso il Boeing egiziano fermo sulla pista.
L’intenzione è chiara: vogliono prendere prigionieri i terroristi. Sono momenti drammatici, ben rappresentati dalla foto di copertina.
Le truppe speciali americane, armate di tutto punto circondano gli avieri italiani e i carabinieri disposti intorno all’aereo. Immediatamente, altri carabinieri con l’ausilio di blindati circondano a loro volta gli americani.
“Cominciò un vero e proprio braccio di ferro” ricorda Martini. “Esistevano tre cerchi concentrici intorno all’aereo – scrive il generale – I nostri erano in territorio italiano, difendevano una legalità nazionale. Gli americani intendevano a tutti i costi impadronirsi dei quattro palestinesi responsabili tra l’altro dell’assassinio di un loro connazionale e non volevano solamente loro, volevano uno dei negoziatori palestinesi, Abu Abbas, che ritenevano fosse il vero capo del commando oltre ad essere come in effetti era un terrorista”.
Comincia una guerra dei nervi, tra Martini e Steiner. L’americano sfrutta la tecnologia. Riceve notizie in tempo reale, parla con gli Stati Uniti via satellite su apparecchiature che codificano e decodificano in tempo reale le sue parole. Martini si arrangia come può: “Usavo la rete telefonica Sip” ricorda.
Nessuno sembra disposto a cedere, il comandante dei carabinieri chiama alcuni blindati. Si arriva alle 5,30 del mattino. Gli americani mollano la presa e salgono sugli aerei da trasporto e ripartono.
Sembra finita ma non è così. La polizia italiana arresta i quattro dirottatori.
Comincia la trattativa con gli egiziani rimasti a bordo dell’aereo. Alla fine si decide di trasferire il Boeing a Ciampino.
“Partimmo in formazione e non so come mi venne l’idea di chiedere una scorta di aerei caccia all’aereonautica – continua Martini – fu una saggia decisione. Poco dopo il decollo, da una pista di rullaggio secondaria, a luci spente, decollò dalla base americana di Sigonella un caccia F-14 americano della sesta flotta”.
Il veicolo cerca di interferire con il volo della formazione italiana per dirottare l’aereo egiziano.
“Subito dopo l’arrivo a Ciampino verso le 23,00 – spiega Martini – ci fu un’altra interferenza. Un secondo aereo americano, dichiarando uno stato di emergenza chiese e ottenne l’autorizzazione all’atterraggio immediato. Era solo un pretesto. Si posò in pista e si mise di traverso all’aereo egiziano. Stavo perdendo la pazienza: tramite il colonnello militare dell’aeroporto feci sapere al pilota americano che se non ubbidiva al mio ordine di togliersi di mezzo, avrei fatto buttare fuori pista l’aereo con il bulldozer: gli diedi cinque minuti; ne passarono solo tre, andò via”.
Alle 23,15 dell’11 ottobre 1985 finisce la querelle di Sigonella, sarà l’ultima volta, che armi in pugno, difendemmo la nostra sovranità territoriale.
fonte filodiritto.com
A distanza di tanti anni un bilancio si può trarre: l'Italia con il governo Craxi ha avuto uno dei periodi migliori della sua storia, sia dal punto di vista economico che del prestigio internazionale.
RispondiEliminaProbabilmente Craxi era diventato poi un personaggio scomodo ed ha pagato anche oltre le sue colpe mentre altri ne sono usciti completamente indenni.
Penso che questo ormai si possa anche scrivere sui libri di scuola