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La CGIL contro il Ponte sullo Stretto: solo in Italia un sindacato dice no al lavoro

Un’opera pubblica da 13 miliardi e oltre 120mila posti di lavoro. Ma la CGIL preferisce dire no e rivolgersi a Bruxelles. È ancora un sindacato o un competitor politico?

(foto: facebook  Cgil  Sicilia)

C'è qualcosa di profondamente paradossale nel vedere un grande sindacato italiano battersi non per creare lavoro, ma per cercare di bloccarlo. È il caso della CGIL, che ha deciso di rivolgersi alla Commissione europea per fermare l’autorizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Un’opera attesa da decenni, progettata per unire davvero il Paese, generare sviluppo, rilanciare il Sud e dare lavoro a decine di migliaia di persone. Eppure, proprio chi dovrebbe difendere i lavoratori, oggi prova a fermare tutto.

Stiamo parlando di un investimento colossale, 13 miliardi di euro, con una stima di oltre 120mila nuovi posti tra occupazione diretta e indotto. Un’occasione storica per Sicilia e Calabria, due terre che troppo spesso restano ai margini delle grandi trasformazioni. Ma a quanto pare, per la CGIL di Maurizio Landini, tutto questo conta poco. Quello che conta di più sembra essere il posizionamento ideologico: dire no al Governo Meloni, sempre e comunque.

Ma è questo il compito di un sindacato? Interrogarsi sull’impatto ambientale è legittimo. Mettere in discussione gli aspetti tecnici di un progetto è altrettanto normale. Ma usare canali europei per tentare di fermare un’opera strategica nazionale lascia interdetti. Perché un sindacato dovrebbe ostacolare un cantiere che da lavoro? Perché scegliere Bruxelles invece di confrontarsi qui, nel merito e in Italia?

E il Ponte non è l’unico fronte su cui la CGIL sembra essersi trasformata in una sorta di partito parallelo. Autonomia differenziata, separazione delle carriere, riforme costituzionali, cittadinanza: tutte battaglie politiche su cui la CGIL si è espressa con forza. Ma che legame concreto hanno con il salario, la sicurezza sul lavoro, la rappresentanza sindacale? Siamo sicuri che i lavoratori iscritti vogliano un sindacato trasformato in megafono dell’opposizione?

Il dubbio è lecito, come lo è la domanda che molti si pongono: Landini sta preparando la discesa in campo? Altrimenti, perché questa sistematica contrapposizione a ogni proposta del governo, anche quando si tratta di infrastrutture che portano occupazione e sviluppo?

C’è un ossimoro di fondo: un sindacato che si appella all’Europa per bloccare una delle opere più importanti per il futuro dell’Italia. Sembra quasi che l'interesse a colpire il governo conti più del bene della nazione. Eppure, il lavoro – vero e concreto – passa anche per le grandi opere pubbliche.

La CGIL ha il diritto di esprimersi. Ma ha anche il dovere di spiegare ai lavoratori perché cerca di fermare un ponte che potrebbe portarli fuori dalla precarietà. E forse, prima di guardare a Bruxelles, dovrebbe ascoltare chi ogni giorno si alza per lavorare e spera in un’Italia più moderna, più collegata e più giusta.

AC, La Voce del Patriota 3 giugno 2025 (leggi la fonte) 

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