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Quando l’Italia costruiva in 110 giorni: oggi un’opera pubblica impiega anni. E' possibile cambiare rotta?

Nel 1922 l’Autodromo di Monza fu realizzato in appena tre mesi. Oggi, tra bandi, burocrazia e controlli, le grandi opere richiedono tempi biblici. Un confronto con l’Europa e il mondo evoluto ci aiuta a capire cosa non funziona. E cosa possiamo fare per migliorarci.


Nel 1922 l’Italia costruì una delle sue opere più iconiche in appena 110 giorni. Non c’erano le tecnologie moderne, né i software di progettazione o i mezzi di oggi. Eppure l’Autodromo di Monza, destinato a diventare il terzo circuito permanente più antico del mondo, fu realizzato in poco più di tre mesi grazie a una determinazione e a una concretezza che oggi sembrano appartenere a un’epoca lontana.

Il paragone può sembrare ingeneroso, ma serve a rendere l’idea. Oggi, per opere simili, servono anni, se non decenni. È vero: oggi esistono regole, vincoli e controlli fondamentali per garantire trasparenza, legalità e sicurezza. Ma è altrettanto vero che il peso della burocrazia italiana ha raggiunto livelli tali da ostacolare perfino i progetti più urgenti e finanziati.

Un caso emblematico è quello del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): risorse straordinarie messe a disposizione dall’Unione Europea che rischiano di restare inutilizzate proprio a causa della lentezza strutturale del nostro sistema.

TEMPI BIBLICI: PERCHE' IN ITALIA UN'OPERA PUBBLICA RICHIEDE ANNI

Dalla pubblicazione del bando alla posa della prima pietra, in Italia possono passare due o tre anni, nei casi più ottimistici. E questo solo per avviare il cantiere (qualora non ci sia un ricorso che blocchi tutto). Le fasi sono note: progettazione, validazione, approvazione, pubblicazione del bando, gara, verifica delle offerte, aggiudicazione, firma del contratto, consegna dell’area, esecuzione, collaudo. A ogni passaggio si aggiungono autorizzazioni, pareri, vincoli paesaggistici e ambientali, controlli dell’ANAC, verifiche antimafia, anticorruzione e certificazioni multiple.

Secondo uno studio del Centro Studi della Camera dei Deputati, il tempo medio per completare una grande opera pubblica in Italia supera i 14 anni, sommando la fase decisionale, progettuale e di realizzazione.

Per fare un confronto, in Germania e Paesi Bassi i tempi medi sono inferiori ai 6 anni. In Francia, la linea ferroviaria dell'alta velocità TGV Parigi–Bordeaux è stata progettata e costruita in 7 anni. In Spagna, la linea AVE Madrid–Barcellona, lunga oltre 600 km, è stata completata in circa 10 anni, nonostante le difficoltà territoriali.

Nel mondo, il divario è ancora più evidente. La Cina, in soli 4 anni, ha completato il ponte marittimo Hong Kong–Zhuhai–Macao, lungo 55 km. Negli Emirati Arabi, interi quartieri urbani con grattacieli, infrastrutture e servizi sono sorti in tempi ridottissimi: in meno tempo di quanto serva in Italia per completare una rotonda in una cittadina di provincia.

IL PREZZO DELLA LENTEZZA

Questo non è solo un problema di efficienza, ma anche di credibilità internazionale e competitività economica. Più tempo ci vuole per realizzare un'opera e più costa. Le imprese italiane sono tra le migliori al mondo, ma devono combattere con un sistema-Paese che le ostacola invece di sostenerle.

In questo contesto, il rischio concreto è che i fondi del PNRR non vengano spesi nei tempi previsti, con la conseguenza di dover restituire risorse all’Europa. Nel frattempo, i cittadini attendono nuove scuole, ospedali moderni, strade sicure e ferrovie efficienti. Ma la macchina amministrativa, con i suoi infiniti passaggi, finisce spesso per bloccare tutto.

QUALI SOLUZIONI?

La risposta non può essere l’eliminazione dei controlli: legalità, trasparenza e pluralità sono capisaldi di una democrazia. Ma si può fare molto per semplificare, snellire e razionalizzare i procedimenti.

In Danimarca, una sola authority centralizzata segue ogni fase dell’opera, con responsabilità chiare e tempi certi. In Francia, per le infrastrutture strategiche, si nominano commissari straordinari con poteri acceleratori. In Spagna, la digitalizzazione totale del ciclo di vita dell’opera ha permesso di ridurre drasticamente i tempi.

Anche in Italia si stanno facendo passi avanti, come l’adozione del nuovo Codice degli Appalti semplificato, l’uso dei Commissari straordinari per le opere prioritarie e l’avvio della digitalizzazione di alcune fasi procedurali. Ma tutto ciò, da solo, non basta.

CONCLUSIONE: CAMBIARE PASSO PER NON RESTARE INDIETRO

Una nazione moderna non può permettersi di impiegare 15 anni per una ferrovia o un ospedale. Servono riforme più coraggiose, responsabilizzazione dei funzionari pubblici, riduzione della frammentazione nei controlli e una completa digitalizzazione dei procedimenti.

Servono scelte politiche chiare, amministrazioni più snelle e una burocrazia che controlli senza paralizzare.

Perché se nel 1922 si riusciva a costruire un autodromo in 110 giorni, oggi – con tutte le risorse, le tecnologie e le competenze a disposizione – non è accettabile dover aspettare decenni. Dobbiamo cominciare dal renderci capaci di fare, di fare bene e con tempi decenti.


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