Da qui vale la pena tornare al 2011. A Bruxelles. A quella vergognosa conferenza stampa. Alla domanda sulla fiducia nelle riforme dell’Italia guidata da Berlusconi. Ad Angela Merkel e a Nicolas Sarkozy che si scambiano sguardi complici e carichi di sufficienza per poi ridacchiare. Non una parola, solo quegli ammiccamenti - brevi ma eloquenti - che bastarono, per un Paese già sotto attacco dei mercati e travolto dalla crisi del debito, a diventare il simbolo di un’umiliazione pubblica. Quelle immagini fecero il giro del mondo e furono lette come la prova definitiva che“l'Italietta” non era più credibile agli occhi dell’Europa.
Oggi, a distanza di quattordici anni, il quadro si è ribaltato. Sarkozy ha collezionato una condanna a cinque anni di carcere per associazione a delinquere nell'ambito dell'inchiesta sui finanziamenti illegali dalla Libia, Merkel, invece, non ha guai con la giustizia, ma la sua eredità politica è oggetto di forte discussione in Germania, soprattutto per i rapporti coltivati negli anni con la Russia di Vladimir Putin. Quelle aperture energetiche (il Nord Stream per capirci), considerate da molti un errore strategico, hanno reso la “locomotiva d’Europa” vulnerabile e dipendente da Mosca. Oggi la stessa Germania si interroga su quelle scelte che un tempo venivano presentate come modelli di stabilità.
In mezzo, ci siamo noi, c’è l’Italia. Quella che allora veniva
derisa e commissariata, tra governi tecnici, austerità e manovre d’emergenza,
ma che oggi mostra un profilo completamente diverso. Non è più “l’Italietta”
guardata con diffidenza dai partner europei, ma una Nazione che parla con
autorevolezza, forte di una linea di governo chiara e coerente.
Che piaccia o no, Giorgia Meloni ha restituito
credibilità e rispetto all’Italia. Nei vertici internazionali, nei consessi
europei, nelle capitali occidentali, l’Italia oggi pesa. Lo riconoscono i media
stranieri, lo ammettono i mercati, lo confermano i risultati concreti in
politica estera ed economica.
E allora il paragone viene naturale: nel 2011 ridevano di
noi, nel 2025 non ride più nessuno!
La giustizia italiana chiude un capitolo lungo e amaro,
quella francese mette sotto accusa un ex presidente, la Germania riflette sulle
scelte politiche del recente passato.
Non serve gioire delle disgrazie altrui: serve ricordare.
Perché chi rideva dell’Italia e del suo leader politico, oggi dovrebbe trovare
il coraggio di riconoscere che la storia - lentamente ma inesorabile - rimette
le cose al loro posto.
Silvio Berlusconi non ha fatto in tempo a vedere questo
giorno. Ma forse, dall’alto, sta sorridendo.
E quel sorriso, oggi, ha un sapore tutto italiano: quello di una Nazione che,
dopo anni di lezioni subite, ha ritrovato la schiena dritta e il rispetto
che merita!
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